Noleggiare un Camper

Come e dove noleggiare un camper, le info utili

15 giorni con il Van a noleggio, in Sicilia

15 giorni in Sicilia con un Van a noleggio con www.thesharingvan.com ; seguitemi

Con www.thesharingvan.com partendo dall’aeroporto di Catania, dove si ritira il van (con soli 140 euro al giorno) completamente attrezzato di lenzuola, tavolo, sedie e vettovaglie, vi porto in giro per la Sicilia per 15 giorni. Invasa più volte da diversi popoli, ricca di storia e cultura enogastronomica, ideale da vivere nei mesi invernali con temperature molto miti, la Sicilia è una delle mete più ambite dai campeggiatori. Attraverseremo tre luoghi simboli: l’Etna, il barocco di Modica e Scicli e per ultimo Trapani.

Durata : 15 giorni, da Catania a Trapani 

Un itinerario è adatto a tutta la famiglia e agli amanti della buona tavola. Animali ammessi in ogni struttura.

Cosa portare: scarpe comode, racchette da trekking, costume da bagno, crema solare

Quando? Ideale primavera, autunno e inverno. D’estate attrezzatevi perché le temperature saranno molto alte.

In tenda, con la caravan o con il camper, vi porto a visitare una delle isole più belle del Mediterraneo: la Sicilia.  Per molti considerata la meta delle vacanze estive, io vi suggerisco tre tappe da visitare tutto l’anno, ma soprattutto in autunno, primavera e inverno.

Tappa 1 (20 km) : Taormina e l’Etna

Per i catanesi l’Etna è la montagna e quando erutta, si dice che “spacca”. Guai a parlare dell’Etna al maschile come “il Vulcano” e per parallelo, mai chiamare Arancina, ma Arancino uno dei più famosi cibi da strada siciliani. In questo caso la rivalità è con Palermo dove si chiama Arancina. Fatte queste due raccomandazioni, la prima tappa parte dalla costa con Taormina, per salire la montagna e immergersi in un paesaggio lunare

Dove Sostare:  Mons Gibel Camping a Belpasso, vicino a Nicolosi CT ; Oasi San Marco (https://www.facebook.com/OasiSanMarco1/?locale=it_IT) Calatabiano CT

Taormina: perla della costa messinese, è una delle località turistiche più famose della Sicilia. Situata su un crinale a circa 206 metri sopra il livello del mare regala proprio grazie alla sua posizione, panorami mozzafiato. Seducente ed elegante come una diva, Taormina fu meta di moltissimi personaggi della cultura e dello spettacolo, come Goethe che la descrisse nel suo libro “Viaggio in Italia” come “un piccolo lembo di paradiso sulla terra”. O Nietzsche, che qui scrisse “Così parlò Zarathustra”, ma anche Gustave Klimt, Gabriele D’Annunzio e come dimenticare le star di Hollywood, tra cui Liz Taylor, Richard Burton, Ava Gardner e Greta Garbo. In effetti passeggiando tra le stradine, da cui spuntano balconi fioriti di bouganville rosa, non è difficile intravedere la bellezza di questa località e il suo grande patrimonio artistico e storico. Imperdibile da visitare la Villa Comunale, un’oasi verde nel centro storico, con una vista panoramica spettacolare sul mare, sull’Etna e sulla costa siciliana, così come il Teatro Greco che è l’icona della città, nonché il secondo teatro più grande dell’isola dopo quello di Siracusa. Scavato nella roccia, furono i Greci a costruirlo nel III secolo a.C. sullo scenografico promontorio, sfruttando il declino naturale della collina, per spettacoli musicali e letterali. E ancora, Corso Umberto I° il cuore pulsante della città, la via più chic e più famosa, delimitata da ambo i lati da due archi, Porta Messina e Porta Catania e al centro la Torre dell’Orologio, chiamata anche Porta di Mezzo, che separa la parte medievale con quella greco-romana. A questo punto della visita, vi suggerisco di prendere l’autobus e dirigetevi nel piccolo borgo storico di Castelmola. Qui perdetevi tra i vicoli e arrivate nella piazzetta e fermatevi per fare un aperitivo al tramonto in uno dei 4 terrazzini del bar Turrisi, magari degustandovi del buon vino alle mandorle.

l’Etna: “A Muntagna scassau”, la montagna che spacca

Partendo da Catania dirigetevi in direzione dell’Etna e seguite le indicazioni per Nicolosi ed entrate nel Parco dell’Etna. L’Etna, patrimonio Unesco, è il vulcano attivo più alto d’Europa ed è uno dei simboli per eccellenza della Sicilia. Per visitarlo è necessario però qualche informazione di rilievo perché ci sono diversi percorsi da percorrere a piedi e spesso è necessario appoggiarsi ad una guida locale. Ragion per cui vi suggerisco di visitare la sede del Parco dell’Etna, situata a Nicolosi all’interno dell’ex Monastero Benedettino San Nicolò La Rena. Al piano terra c’è il Museo Vulcanologico che racconta la storia dell’Etna, illustrandone la formazione e le caratteristiche. Da qui parte il Sentiero del Germoplasma una sorta di parco botanico con erbe aromatiche e officinali, alberi da frutto e vigne. Non dimentichiamo che la montagna Etna (perché guai, parlare al maschile dell’Etna ad un siciliano!), dicevamo la montagna Etna, arricchisce il territorio circostante con la sua cenere, che conferisce una ricchezza di sali minerari e sostanze organolettiche a tutte le coltivazioni. i vini prodotti sotto il vulcano sono di altissimo valore. La produzione di frutta e miele, trovano giovamento proprio dalla presenza del vulcano, della sua cenere e ripara dai venti. Se amate passeggiare, infilate gli scarponcini da trekking e vistate i Crateri. Quello Centrale è sicuramente più impegnativo come percorso e soprattutto da fare con una guida. Decisamente più semplici da raggiungere i 5 “crateri silvestri” sul versate sud, ormai spenti dove trovare il Rifugio Sapienza del CAI. Dal rifugio, situato a 1900 metri, potete camminare sul cratere inferiore, che si trova vicino al ristorante, oppure i crateri superiori, da cui si gode un paesaggio fantastico. Se invece il vostro obiettivo è salire oltre e vedere alcuni crateri attivi, i cosiddetti Crateri Sommitali, accanto al Rifugio Sapienza, parte la funivia che conduce a 2500 mt, da cui poi si può proseguire con un bus fuoristrada fino a 2900 mt, accompagnati da guide esperte. Lasciati i crateri vi suggerisco alcuni itinerari semplici come il “sentiero schiena dell’asino”, lungo 5 km con punto di partenza vicino al Rifugio Sapienza, oppure il sentiero dei Monti Sartorius, di 4 km e che parte dal Rifugio Citelli. Se invece volete godervi lo spettacolo, ma senza stancarvi a piedi c’è un treno storico chiamato Circumetnea che parte da Catania Borgo e arriva a Riposto. La linea ferroviaria inaugurata a fine 800, non arriva ovviamente ai crateri, ma attraversa piccoli paesi dove è possibile fermarsi e poi riprendere il treno e, paesaggi lavici davvero molto suggestivi.  Infine lo sapevate che nel periodo invernale si può sciare sull’Etna? E’ una delle esperienze più unisce e indimenticabili che abbia provato. I comprensori dell’ Etna sono due: quello di Nicolosi a sud, di maggiori dimensioni, e quello di Piani di Provenzana – Linguaglossa sul versante nord. Ogni comprensorio include piste di diversa difficoltà.

Dove mangiare:

Rifugio Sapienza. Tipico ristorante di montagna che propone specialità siciliane e pizze.

La Terrazza dell’Etna. Un ristorante self-service che propone una cucina siciliana a 2000 metri, con piatti casalinghi e semplici.

Ristorante la Cantoniera. Un locale semplice e con una vista mozzafiato che accoglie i turisti con specialità rustiche tradizionali.

Cosa mettere in dispensa. Vino alla mandorla di Turrisi (https://www.turrisibar.it/ e le paste di Condorelli: io vi suggerisco l’Iris con la crema bianca

Tappa 2 Modica, Noto e Scicli: il tripudio del barocco

La seconda tappa è nel cuore del Barocco Siciliano: la Val di Noto. Tre sono le perle da visitare, Modica, Noto e Scicli, facendo sosta a Punta Braccetto. Sabbia fine si alterna con scogli, dando origine ad un tratto di costa molto famoso sino dal XVI secolo, per i suoi approdi naturali (Canalotti) dove il 9 e 10 luglio 1943 fu teatro delle operazioni di sbarco da parte degli alleati che con l’operazione Husky invasero la Sicilia.

Dove sostare:

Camping Luminoso: aperto tutto l’anno, il Camping Luminoso è ubicato sul mare con accesso alla spiaggia privata attrezzata completa di lettini e ombrelloni (uno per piazzola ed alloggio compreso nel prezzo).

Modica: ubicata nella zona sud est dell’isola, Modica è una città barocca del Val di Noto e fa parte delle città patrimonio mondiale UNESCO dal 2002. Capitale di un’antica e potente Contea, vanta un ricco repertorio di specialità gastronomiche (tra cui il famoso cioccolato di derivazione azteca), oltre a un grande patrimonio artistico e culturale. Originariamente attraversata da due fiumi e con ben 17 ponti, Modica fu ricostruita a seguito del terremoto del 1693. Oggi il centro storico della città, è suddiviso in due grandi quartieri: Modica Alta e Modica Bassa. Io vi suggerisco non perdervi, la Chiesa del Carmine, che presenta un portale gotico, le rovine della Chiesa del Sacramento, la Chiesa rupestre di San Niccolò Inferiore, addirittura risalente al XII secolo e la Chiesa di San Giorgio. Questa è davvero uno dei simboli della città: una maestosta scalinata di ben 250 scalini per arrivare alla magnifica facciata. Vi suggerisco di godervi una bella passeggiata, fino ad incontrare la casa natale di Salvatore Quasimodo, premio Nobel per la Letteratura. All’interno la casa presenta ancora il mobilio originale e la stessa disposizione delle cose lasciata dallo scrittore.

Cosa mettere in dispensa? Innanzi tutto il cioccolato di Modica e vi suggerisco di acquistarlo presso l’antica Dolceria Bonajuto

Dove mangiare? 

La putia del coppo in Corso Umberto I al 197. L’altra alternativa è la Fattoria delle Torri che vi colpirà subito per la location: è un vecchio teatro ristrutturato con estrema cura. Infine camminando per le vie di Modica, domandate dove acquistare “A citrata”: simile ad una grande caramella di forma cilindrica, colore scuro, durezza simile al torrone, è un dolce preparato con la buccia dei cedri, quelli verdi di novembre

Scicli. A metà strada tra Modica e Ragusa c’è Scicli che per gli amanti de “Il commissario Montalbano” è “Vigata”, ovvero il gioiello Barocco che si vede in parecchi episodi del telefilm. Incastonata nel cuore della Val di Noto, la città di Montabano sorge all’incrocio di tre valloni, con case da ogni parte, una grande piazza in basso a cavallo di una fiumara e antichi edifici ecclesiastici. Sembra un piccolo presepe vivente, scolpito nella tipica pietra calcarea della zona, materia prima delle cave iblee. Le origini di Scicli partono dall’Età del Rame, per attraversare nei secoli culture diverse e stratificate, da quella greca a quella araba e normanna. Il massimo splendore lo raggiunte nel Settecento, ovviamente con il Barocco di cui arrivano sino a giorni nostri splendide chiese e sontuosi palazzi. Il cuore della cittadina è rappresentato da via Francesco Mormino Penna, il salotto degli sciclitani: una sontuosa via che di fronte al palazzo Comunale si allarga in una suggestiva piazzetta, detta appunto del Municipio. All’interno del palazzo si trova la bellissima stanza del Sindaco, che nella fiction del Commissario Montalbano ospita lo studio del questore di Montelusa Bonetti-Alderighi. Proseguite su via Penna e troverete un vero tesoro: la chiesa di San Michele Arcangelo, palazzo Bonelli-Patané, il barocco palazzo Spadaro con i suoi otto balconi in ferro battuto e decorazioni geometriche rococò, il museo del Costume con abiti e tessuti della tradizione iblea e infine, l’antica Farmacia Cartia (1902). Dal 2002 Scicli è inserita nel patrimonio dell’umanità Unesco insieme Caltagirone, Militello in val di Catania, Catania, Modica, Noto, Palazzolo Acreide e Ragusa. Se decidete questa tappa, non potete perdervi la costa sciclitana costernata di spiagge e calette, falesie mozzafiato e antichi borghi marinari, come Donnalucata, Sampieri e Cava d’Aliga.

Cosa mangiare

Due sono le cose che vi consiglio assolutamente di mangiare di prodotti di cibo da strada: le scacce e gli iadduzzi. Le prime sono delle focacce ripiene, la cui patenità si contende tra Ragusa e  Scicli e si acquistano al mattino in una qualsiasi panetteria ( io scelsi  panificio Peppe Garofalo, a Sampieri, borgo marinaro di Scicli). Con gli iadduzzi si passa invece al dolce: sono biscotti così chiamati perché la loro forma richiama quella dei galletti. Una volta si mangiavano solo a Natale, ma ora si possono trovare tutto l’anno. Io li ho comprati alla Spiga d’Oro, al numero 102 di Corso Umberto I, in centro a Scicli.

Noto. Da molti considerata la “Capitale del Barocco”, forse pochi sanno che deve il suo nome agli arabi: Neai per i siculi, Neeton per i greci e Neetum per i romani, il nome Noto fu scelto dagli arabi per indicare la sua bellezza e la sua importanza (la parola araba “Noto” aveva lo stesso significato di quella italiana odierna). La città è un vero scrigno di splendidi palazzi che rappresentano lo sfarzo nell’epoca barocca in Sicilia. La Cattedrale minore di San Nicolò che venne edificata dopo il terribile terremoto che distrusse la città a fine seicento e rappresenta uno dei maggiori capolavori dell’epoca barocca, amplificato dall’imponente scalinata del settecento che si suddivide in tre rampe e che collega la chiesa con il Palazzo Ducezio sede dell’attuale municipio della città. Proseguite la giornata recandovi a  Palazzo Nicolaci dei Principi di Villadorata. Composta da circa 90 stanze, risale ai primi decenni del 1700 come come residenza nobiliare urbana della famiglia Nicolaci la quale ha mantenuto la proprietà di un’ala, cedendone l’altra al Comune di Noto. Lasciato il Palazzo, spostatevi con il vostro veicolo di circa 12 km, a visitare Noto antica. Si tratta dell’antico abitato di Noto, andato distrutto a seguito del terremoto del 1693. Qui da visitare in rispettoso silenzio, ci sono i resti del castello e l’intatta costruzione della chiesa di Santa Maria della Provvidenza. L’ultima tappa della giornata è la Riserva Naturale Oasi Faunistica di Vendicari: un tratto di costa incontaminato facilmente raggiungibile (grazie alla segnaletica ben sviluppata) dove una volta parcheggiato il veicolo, potete passeggiare tra sentieri, spiagge (quella di Calamosca è imperdibile!) e diversi stagni. Ammirare molte specie protette e visitare i ruderi di Torre Sveva, le antiche rovine della città greca di Eloro e l’Antica Tonnara, un vero e proprio pezzo di storia che, fino al 1945, ha visto in attività i pescatori di tonno rosso.

Cosa mettere in dispensa? 

Noto è la patria dei dolci di mandorla. La pasta di mandorla è spesso unita alle confetture d’arancia, di cedro, di pistacchio e poi ricoperta di glasse dai colori tenui o da cioccolato fuso. Spesso le ricette di questi dolcetti dai nomi stravaganti– quaresimali, nucatoli, mandorlati- provengono dagli antichi monasteri dove le suore alternavano alle preghiere la preparazione di dolci talmente zuccherini da risultare, talvolta, stucchevoli.
Il nome Noto, fu dato alla città dagli arabi, e fu mantenuto anche dopo la loro dominazione, diventando nome definitivo. Neai per i siculi, Neeton per i greci e Neetum per i romani, il nome Noto fu scelto dagli arabi per indicare la sua bellezza e la sua importanza (la parola araba “Noto” aveva lo stesso significato di quella italiana odierna).

Tappa tre: Trapani e Mazara del Vallo

Lasciamo la parte sud dell’Isola, per sostarci a ovest e precisamente Trapani e nella sua provincia. Vi porterò a scoprire Mazara del Vallo, le  Saline e Trapani, la città più invisibili della Sicilia, appunto Trapani

Dove Sostare

A Mazara del Vallo, avete due possibilità per sostare. L’area sosta Il Giardino dell’Emiro e il Vacanze Emamè. Entrambe aperte tutto l’anno, la prima è adatta anche alla caravan e tende, la seconda solo ai camper. A Trapani invece una sosta aperta tutto l’anno è  Hotel Le Saline (Trapani)

Mazara del Vallo, la città del Satiro.

Un incrocio di culture e tradizioni diverse, questo è Mazara del Vallo. Ricca di tradizioni e folklore, è senza dubbio simbolo della cultura mediterranea. Abitata e dominata nei secoli da popolazioni diversissime come fenici, cartaginesi, romani, saraceni e normanni, Mazara oggi è un labirintico di viette e vicoli. Iniziate la visita, dalla più famosa attrazione turistiche ovvero il Satiro danzate: si tratta una pregiatissima statua bronzea ellenica (alta più di 2 metri e con il peso di 96 kg), nella quale si sono straordinariamente conservati gli occhi. Sono proprio questi occhi espressivi e veri, che la rendono magnetica. Il Satiro danzante dopo il suo recupero nelle acque in mare, davanti a Mazara, è conservato in un museo che prende il nome proprio dalla statua e che si trova nel centro cittadino di Mazara del Vallo, all’interno della Chiesa di Sant’Egidio. Abbandonato il museo, vi suggerisco si perdervi tra le viette e cortili, del centro storico. Sarà come vivere un continuo rimando alle medine islamiche che, vi farà credere di trovarvi sull’altra sponda del Mediterraneo. Fermatevi nel cuore del centro, Piazza della Repubblica3, dove sorge la Cattedrale normanna del Santissimo Salvatore e poi date un’occhiata anche a Piazza Mokarta4 per ammirare l’arco normanno. Imperdibile è anche il seicentesco Teatro Garibaldi5: un gioiello realizzato interamente in legno recuperato da vecchi pescherecci, dove il soffitto e dalla platea ricorda la forma della chiglia di una nave, mentre le decorazioni dei palchi sono prese dai motivi tipici dei carretti siciliani (fiori e maschere).

Cosa mettere nella dispensa

Non potete lasciare Mazara, senza aver messo in dispensa una confezione del cappero di Pantelleria. Il cappero è il bocciolo del fiore della pianta Capparis spinosa e viene raccolto tra Maggio e Settembre. Successivamente per 20 giorni viene messo sotto sale e poi confezionato. Il secondo acquisto che vi suggerisco è uno dei prodotti di tonnara: la bottarga di tonno rosso o di tonno pinna gialla; il lattume di tonno, ottenuto dalla sacca del liquido seminale del tonno maschio oppure la ficazza di tonno, ottenuta dalle parti dorsali del tonno o ancora il  cuore di tonno, ottenuto dal cuore del pesce

Dove e cosa mangiare

Mazara avendo subito numerose dominazioni, ha nei suoi piatti l’influenza di popoli diversi. Pensate solo alle melanzane che vengono servite crude, cotte al forno in padella, accompagnate con pomodori e capperi o con la pasta. Di tutti gli ingredienti e di tutti i piatti, uno è quello che prevale: il gambero rosso di Mazara, o “ammaru russu” in siciliano. Si tratta di una specie di gambero che viene pescato nelle acque del Mediterraneo e che presenta due caratteristiche: il colore rosso intenso e la compattezza e bontà della sua carne. Dove mangiare un’eccellente cucina mazarese? Presso l’Osteria Antica Sicilia che è proprio nel centro storico di Mazara.

Le saline di Trapani

Partendo da Mazara e diretti a Trapani, vi suggerisco di fare una delle tappe più gettonate: il tratto di costa che va da sud di Trapani fino allo Stagnone di Marsala e che è caratterizzato dalla presenza di antiche saline. Il sale è un prodotto importantissimo nel trapanese, tanto che Trapani si è guadagnata l’appellativo di città del sale e della vela. La zona delle Saline dal 1995 è diventata Riserva Naturale delle Saline di Trapani e Paceco, gestita dal WWF. Le sue origini risalgono al XII secolo, periodo in cui Federico II comprende l’importanza commerciale del luogo e impone il monopolio di stato sulla produzione del sale, usato per la conservazione del cibo. Simbolo delle Saline, sono i mulini a vento sul mare con l’inconfondibile colore purpureo dei tetti e che sono utilizzati per movimentare le acque da una vasca all’altra e per la macinazione. Fare una tappa in questi luoghi vuol dire anche aver l’opportunità di assistere al tramonto specchiandosi in una delle vasche, in compagnia di fenicotteri. Tappa obbligatoria è il Museo del Sale, situato a Paceco (TP) all’interno di un antico mulino a vento e scoprire sia i mezzi, che i modi della salicoltura. Superfluo dirvi che nella dispensa del camper o della caravan, un pacco di sale delle Saline, sia da acquistare.

Trapani: la città dei due mari

Trapani si sviluppa come una lunga di terra che sembra dividere il Mar Tirreno dal Mar Mediterraneo. Per questo motivo viene anche chiamata la “città dei due mari“. E’ forse il capoluogo meno conosciuto della Sicilia perché posizionato logisticamente lontano dalle mete classiche di turismo e inevitabilmente schiacciato dalla vicina Palermo. Eppure stupisce per l’ordine e la pulizia che incontrerete passeggiando nel suo centro tra le vie, i viali e sul lungo mare. Iniziate la vostra visita proprio dal centro storico, che è tutto un susseguirsi di edifici storici dal valore artistico elevato. Ad iniziare dalle chiese che meritano di essere visitate come la Chiesa di Santa Maria del Gesù, un tipico esempio di architettura rinascimentale, al cui interno è conservata una delle opere più belle di Andrea della Robbia, la “Madonna degli Angeli”. Proseguite con la Chiesa di San Nicola, una delle più antiche della città, dove sono custoditi autentici tesori come i sarcofagi romani nelle catacombe. Abbandonate il centro e dirigetevi verso il mare, seguendo le indicazioni Castello della Colombaia. Questo è l’edificio che accoglie chi arriva dal mare: eretto su un piccolo isolotto sul porto, si narra che un tempo nel castello, si fermassero le colombe giunte dall’africa, destinate alla Dea Astarte, il cui tempio si trovava nella vicina Erice. La punta estrema di Trapani sarà l’ultima tappa che vi suggerisco. Qui troverete l’imponente torre di difesa in tufo e pietra, denominata, Torre di Ligny. Salite sulla terrazza e scoprirete il perché Trapani è chiamata anche “la città dei due mari”. Infine, se avete ritagliano un angolo della vostra giornata, vi suggerisco di gustarvi il tramonto a Erice. Un incantevole borgo medievale che dista circa 10 km da Trapani, che sorge sulla cima del Monte San Giuliano e da cui è possibile ammirare panorami e tramonti di eccezionale ampiezza: la città di Trapani, le saline, le isole Egadi, i paesaggi agrari dell’entroterra e il promontorio di Capo San Vito.

Cosa mangiare e mettere in dispensa

Se siete ammiratori del Commissario Montalbano, sapete bene che lui ama il Pesto alla trapanese, ma non limitatevi solo a questo: le Granite, preparate ancora con le antiche ricette di famiglia, le Cassatelle di ricotta, dolci ma anche salate, il cuscusu in brodo di pesce e poi le Graffe con la ricotta e ancora il pane cunsato. Se invece vi sedete a tavola, la “pasta chi sardi”, inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani del Ministero delle politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Tra gli ingredienti fondamentali a conferire il tipico sapore di questo piatto c’è il finocchietto selvatico il quale viene raccolto nei campi per renderlo ancora più autentico. In ogni caseo da marzo a settembre vi suggerisco di fare un salto al mercato del pesce di Trapani, perché sarete in piena stagione delle sarde che potrete utilizzare voi stessi per preparare la “pasta chi sardi” che rigorosamente dovrà avere come ingrediente anche il finocchietto selvatico.

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